Pubblicato da: thinkingdigital | 4 febbraio 2009

Pettegolezzo e passaparola nella formazione della reputazione

Quello del passaparola (o word of mouth) è un fenomeno che esiste da sempre. Possiamo definirlo come la trasmissione di informazioni, considerazioni, giudizi e opinioni su qualcuno o qualcosa che avviene da persona a persona. Può nascere sia dalla soddisfazione sia dalla delusione, concorrendo alla formazione di un giudizio sull’entità in oggetto.

Metafora visiva del WOM

Metafora visiva del WOM

Il passaparola è alla base della pratica del pettegolezzo (o gossip).  I pettegolezzi, infatti, sono storielle, dicerie, supportate da passaparola incessanti, che ne diffondono e spesso ne storpiano di volta in volta il contenuto. A causa della sua incontrollabilità, il passaparola di informazioni negative può diventare pericoloso per la reputazione di un soggetto. Non a caso il dizionario di T. De Mauro riporta per il termine “pettegolézzo” solo l’accezione negativa, ossia «chiacchiera inopportuna, spec. malevola, su fatti e la condotta altrui. Il fare chiacchiere futili e oziose, lo spettegolare».

Secondo D. Bromley, professore di psicologia all’Università di Liverpool, i pettegolezzi influiscono sulla formazione della “reputazione secondaria”, ossia l’insieme di giudizi che non si basano sul contatto diretto con il soggetto in questione, ma sulle opinioni di terzi. Tali opinioni però possono non essere necessariamente corrispondenti alle reali caratteristiche del soggetto.

Da qualche tempo il word of mouth è divenuto uno strumento di marketing non convenzionale, che consiste nello stimolare la conversazione attorno a un prodotto o un brand per accrescerne la notorietà e la buona reputazione. Il Web, grazie alle sue caratteristiche, consente di amplificare a dismisura il passaparola: «il passaparola naturale richiede tempo per formare opinione, può inoltre essere facilmente annientato con pochi articoli di giornale. […] Il passaparola digitale [invece] permette di giungere in poco tempo al valore critico di diffusione, superato il quale la comunicazione tende ad autoalimentarsi in un processo di crescita esponenziale. I lettori si trasformano in untori ed il passaparola giunge ovunque superando la stessa portata mediatica di un articolo di giornale » (fonte: Okpedia).

Quando il passaparola viene avviato in Rete, si suole parlare di word of mouse. Ci sono diverse metodologie di word of mouth/mouse marketing che si fondano sulla voglia, sincera o parzialmente indotta, delle persone di segnalare ad altri un’esperienza che le ha rese soddisfatte.

Riporto di seguito una chiara classificazione tratta dal sito Veryweb:

1. Buzz marketing: utilizza notizie di alto profilo che inducano la gente a parlare della marca. La marca è protagonista della conversazione.

2. Viral marketing: diffonde messaggi d’informazione o intrattenimento destinati a essere scambiati tra gli utenti in maniera esponenziale, elettronicamente o via e-mail. La marca è sponsor della conversazione.

3. Community marketing: consiste nel generare e fornire strumenti, contenuti e informazioni che supportino/alimentino comunità di nicchia che condividono uno specifico interesse intorno ad un brand (come ad esempio i forum di discussione).

4. Grassroot marketing: consiste nell’organizzare e motivare dei volontari per ottenere risonanza personale (basata sulle loro relazioni) o locale (basta sulla loro zona di influenza).

5. Evangelist marketing: si occupa di coltivare evangelisti, sostenitori, volontari e incoraggiarli ad avere un ruolo di leadership attiva nella diffusione e veicolazione del “verbo” connesso ad un brand, prodotto o servizio.

6. Product seeding: piazzare il giusto prodotto al posto giusto nel momento giusto, fornendo informazioni o samples per sensibilizzare i consumatori.

7. Influencer marketing: identifica comunità “chiave” e opinion leaders che sono in grado di parlare del prodotto ed influenzare l’opinione degli altri.

8. Cause marketing: è una sorta di sponsorship che si fonda sul supportare cause sociali per ottenere il rispetto e l’appoggio degli individui “affezionati alla causa”.

9. Brand blogging: si riferisce alla creazione di blogs e alla partecipazione attiva nella blogosfera, con lo spirito di instaurare conversazioni aperte, sincere, trasparenti. Permette di condividere informazioni chiave, che hanno valore, di cui la gente possa parlare.

10. Referral programs: consiste nel creare strumenti e soluzioni che permettano al consumatore soddisfatto di riferire e trasmettere la sua soddisfazione ad altri consumatori.


Risposte

  1. […] la società, cambia il marketing Qualche tempo fa ho parlato dell’importanza del passaparola (WOM) e dei social media nel nuovo contesto di […]


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